Piazza e via S. Marcello (R. II Trevi - R. IX Pigna) (su via del Corso di fronte al numero civico 30)
La piazza e la via prendono il nome dalla chiesa omonima.
Una tradizione, riferita dal Libris Pontificalis, dice che qui era la casa della matrona romana Lucina, vedova di Falconio Piniano, proconsole dell’Asia, pronipote di Gallieno (253-268).
La casa adibita ad una “domus ecclesiae” ricoverò Marcello I (304-309) quando, imprigionato e condannato dall’imperatore Massenzio (307-312) per il rifiuto di sacrificare agli dei, fu liberato dai Romani. Tal fatto stizzì maggiormente Massenzio che tramutò l’ecclesia in stalle dei “catabulenses” [1], e condannò il Pontefice a governare “animalia catabuli”; nel quale lavoro morì poi Marcello I nel 309. Sepolto nel cimitero di Priscilla, fu poi trasportato nella chiesa titolare.[2] Restaurata ed abbellita dai pontefici, in proseguo di tempo, fu poi arricchita di doni da Gregorio IV (828-844) e Stefano V (816-817) ed il papa Adriano I (772-795) “titulum S. Marcelli via Lata situm a novo restauravit”. Officiata da canonici regolari, fu poi affidata, nel 1368, all’Ordine dei Servi di Maria. Fino alla ricostruzione del Sansovino, nel 1519, la chiesa, che era improvvisamente crollata il 23 maggio del 1509, aveva la facciata dalla parte opposta [3] e l’abside sul Corso.
In particolare, vi si venera un Crocifisso [4] che fu intagliato da uno scultore ossessionato dal pensiero di riprodurre l’agonia del Redentore con assoluta fedeltà e si dice si sia valso di un modello umano. Infatti si narra che egli avrebbe assassinato un povero carbonaio per ritrarlo nei terribili spasimi della morte, riuscendo così a riprodurre lo strazio dell’agonia, con quel verismo che si riscontra.
Messer Stefano Colonna (c.1300-1347) affisse sulla porta della chiesa la sentenza emanata da Giovanni XXII (Jacques Duèse - 1316-1334) contro Ludovico il Bavaro (1282-1347) [5], nel 1329, per poi rifugiarsi nella colonnese Palestrina per sfuggire alla reazione delle truppe bavaresi.
Sulla piazza che antistava l’antica chiesa, fu trascinato Cola di Rienzo. Là fu subito “appeso pe’ li piedi a uno mignanello: capo non haveva... là penneo dij doi, notte una. Li zitielli li iettavano le prete (pietre). Lo terzo die de commannamento de Jugurta et de Sciarretta della Colonna fu strascinato allo campo dell’Austa. Là se adunaro tutti gli Iudiei, granne moltitudine: non ne rimase uno. Là fu facto uno foco de cardi secchi: in quello foco di cardi fu messo... per cui non ne rimase cica. Quanno questo homo fu acciso currevano anni Domini Milletrecentocinquantatrene alli otto de Settiemnoro in hora de tertia” [6].
Ancora sulla Flaminia (via del Corso), prossimo a S. Marcello, era il “fornix Claudi” arco monumentale dell’acqua Vergine che si allacciava alla lunga serie di archi (residui a via del Nazareno) che portava l’acqua nelle terme di Agrippa a mezzogiorno del Pantheon.
Fra SS. Apostoli e S. Marcello sotto il palazzo Muti Papazzurri era situato l' "excubitorium" della prima coorte dei vigili dell’Urbe (Caserma dei vigili del fuoco)[7].
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[1] ) Vicino alla chiesa titolare di S. Marcello, si trovavano i magazzini e le stalle per i carri dei così detti “catabulenses”, dove il papa S. Marcello (304-309), secondo il liber pontificalis, fu condannato da Massenzio (307-312) ad abitare ed a governare gli animali da soma (animalia catabuli).
[2] ) 7a Regione (via Lata) “Titulus Marcelli” fondata, secondo il Liber pontificalis, sotto il vescovo romano Marcello (304-309) così come nominata in un rescritto dal prefetto urbano Simmaco nel 418.
[3] ) La strada, che andava ai SS. Apostoli, si chiamava via del “calice marmoreo” da un vaso di marmo che vi si trovava in prossimità della “statio prima cohortis Vigilum”.
[4] ) Negli anni giubilari il crocifisso viene solennemente trasportato per le vie. La prima volta fu nel 1650 con la partecipazione di cinque Cardinali, l’Ambasciatore di Spagna e più di cento fratelli dell’arciconfraternita approvata nel 1526, diventata primaria nel 1564.
[5] ) Dopo la fuga di Ludovico il Bavaro (4 agosto 1328), i Romani, per vendetta: “Trassero fuori da’ sepolcri molti corpi de’ Tedeschi, trascinatili per Roma, li gettarono nel Tevere, bestemmiando ognuno la scelerata memoria dell’empio Bavaro, con tanto odio che nulla più”.
[6] “Fu appeso per i pidi (piedi) ad un balcone, senza testa... fu appeso due giorni e una notte. La gente gli tirava pietre. Il terzo giorno, Jugurta e Sciarra Colonna comandarono che il corpo fosse trascinato al Mausoleo di Augusto. In quel luogo erano adunati molti ebrei, ma si dileguarono. Fu fatto un grande fuoco di cardi secchi dove fu messo il corpo di Cola...per cui non ne rimase nulla. Cola fu ucciso correva l’anno del Signore 1353 il giorno otto di ottobre alle ore 9h00”.
[7] ) L’excubitarium (posto di guardia) della VII coorte (Trastevere) fu scoperto nel 1867. Nelle coorti dei Vigili, istituite da Augusto perché difendessero la città, soprattutto dagli incendi, erano anche i militi addetti al servizio di illuminazione dell’Urbe, detti “sebaciarii” e i “cammanibuli”. Nel medio evo gli incendi venivano spenti da associazioni di cittadini. Fu nel 1810 che a Roma fu costituito il 1° Corpo italiano dei pompieri imitando i “sapeurs pompiers” di Parigi, fondato praticamente dall’industriale Dumourrier-Duperrier nel 1699.
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